Novelle Artigiane

Luca Pellegrino

1.
Prof., l’inizio è meraviglioso. Sarà perché la sera, prima di addormentarmi, racconto storie meravigliose a mio figlio? A presto!

2.
Prof., ho sempre sostenuto che non sono io che scelgo i libri ma sono loro che arrivano a me. Non è una frase fatta, è la realtà, sono uno che legge tantissimo e nel 99% dei casi i libri che leggo mi arrivano così, per una forza, per delle correnti universali che probabilmente esistono, anche nel caso del suo libro è stato così.
Volevo dirle che ho già rallentato la lettura, lo faccio quando un libro mi piace perché non lo voglio finire, anziché accelerare rallento.
E volevo dirle anche che nel raccontare la favola serale a mio figlio anche lui mi ferma, mi interrompe, mi fa dimenticare quello che stavo dicendo.
Per la verità gli sto raccontando una favola che dura da 3 mesi, è peggio di una telenovela. c’è una nave con tutti gli animali dentro, c’è il gorilla che è il cuoco, il cervo che è il timoniere e così via. Gli animali ci sono tutti, dal leone alle gazzelle ai fenicotteri, recentemente mio figlio ha voluto che aggiungessi anche il drago e il dinosauro, così adesso abbiamo anche un po’ di mitologia e un po’ di preistoria.
Le anticipo che il libro mi sta piacendo molto, lo proporrei al ministero dell’istruzione per farlo introdurre come lettura alle scuole medie, con le dovute smussature e i dovuti tagli è un libro che fa pensare.
Perché alle scuole medie? Perché è lì che si stanno formando i ragazzi che verranno fuori nel prossimo futuro.
Le invio un caro saluto, ritorno tra qualche giorno quando ho finito di leggere le sue novelle, volevo solo dirle che si vede già di che pasta è fatta il libro e anche l’autore. 
Ah, mi scusi per il messaggio vocale, non posso scrivere perché sto lavorando, sono al negozio, spero di vedervi presto.
P. S.
Prof., io non faccio sviolinate, onestà intellettuale prima di tutto, come sempre dico a Jepis.

3.
Caro prof, per leggere il vostro libro ci vuole una matita intera. Sono tante le belle frasi che ora incoraggiano, ora fanno riflettere e spronano alla riflessione. O meglio a me ci vorrebbe una matita, perché di frequente accompagno le letture a spunti riflessivi, e la matita non deve mancare. E quando dico che sottolineo non lo faccio in maniera sterile, ma riflettendo se quello appena sottolineato (e se l’ho sottolineato l’ho fatto perché mi piace ciò che ho appena letto).
Un libro lo posso allungare con mie riflessioni se quella considerazione mi può far bene, a Caselle diciamo “chi minu ti criri ti arapi a capu” cioè chiunque può darti qualcosa su cui riflettere, e il darti può solo essere benefico.
È stato affascinante leggere il suo libro: un’emozione dietro l’altra, un viaggio nel viaggio e ancora un altro viaggio tra gli innumerevoli viaggi attraverso le storie dei personaggi.
Qualche volta ho pensato “ma cosa avrà fumato il prof. per inventarsi certe cose”, però poi mi sono detto che se qualcuno sentisse ciò che racconto a mio figlio penserebbe di me la stessa cosa.
Prof., devo ammettere che qualche volta mi sono perso, e sono dovuto tornare indietro, ora si parlava di una dimensione, ma alla pagina successiva ci si trovava già in un’altra. Come già detto in un mio precedente messaggio proporrei letture del genere alle scuole, nel momento in cui si sta per formare la coscienza di giovani adulti. Proporre cose importanti sotto forma di “favola” stimola l’attenzione e l’assimilazione dei concetti.
Leggendo di sfuggita (ma mi riprometto che lo farò più attentamente), le regole del lavoro ben fatto, mi sono accorto che in effetti io potrei fare il mio lavoro in maniera migliore ma non lo faccio proprio perché non c’è verso di farmelo piacere.
Ormai mi trovo a CIP a fare quello che faccio, ma non ci metto anima. Per carità, non voglio cambiare lavoro, ora non potrei neanche.
Leggendo il libro questa coscienza mi è sembrata sempre più marcata, tra Jonas, il Mastro e gli altri è facile intuire che veramente solo se ami ciò che fai, quell’amore trasparirà nel risultato. A me non guasta tanto non amare il mio lavoro, perché per farlo (io offro servizi, per dirla in una maniera moderna) di amore non ce ne vuole. Al massimo potrei farlo meglio. Ma va bene cosi, o forse no, perché io mi butto sempre sotto terra mentre invece ho delle intuizioni clamorose per il lavoro che faccio, vuoi per natura, vuoi per esperienza.
Non sapevo niente della trama, e mano a mano che scoprivo i personaggi mi veniva da sorridere, e adesso finisce che J., lo chiamo J. che lo so che non si capisce niente, ma voi mi capite e io non voglio svelare troppo agli altri lettori.
Se vi devo fare una critica – una ci vuole perché altrimenti i complimenti sembrano falsi – è che Cip l’avete fatta troppo isola che non c’è anche se avete scritto di no.
Per finire volevo dirvi che il vostro libro mi ha invogliato a fare una cosa che rimandavo sempre: dare il talco alle gomme da neve custodite in garage! Mentre cospargevo il talco l’altro ieri, ed ero a metà lettura, ho cercato di farlo al meglio, e vi confesso che proprio a voi e al libro pensavo mentre con le mani toglievo le pietre dal battistrada di ognuna!
Lunga vita a questi messaggi prodigiosi dunque. Ah, non m piace molto la copertina, ma per carità è questione di gusti e forse il titolo io l’avrei pensato diversamente, ma questa è già un’altra storia.

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